Previsioni di primavera Vi è una regola inevitabile a cui sono sottoposti tutti i ministri dell’Economia, anche i più preparati ed indipendenti. Se non ne sono convinti loro, cercano di convincere noi, che le cose vadano per il meglio. Ecco allora che ad un dato momento del loro mandato, rompono il prudente e tenebroso silenzio in cui si erano circonfusi per dire che le stime migliorano e i piani del governo si rivelano efficaci. Anche Pier Carlo Padoan, non fa eccezione. Tanto era pessimista come presidente dell’Istat, tanto dispensa ottimismo una volta insediatosi a via Venti Settembre. Le previsioni economiche di primavera dell’Unione europea? Una conferma che la crescita finalmente “è avviata” e non solo. Padoan ha annunciato anche “l’aumento della competitività”, l’aumento degli investimenti”, e persino – qui davvero non capiamo come sia possibile - “dell’occupazione”. Mancava solo che aggiungesse la fatidica frase, “la crisi è finita”, ed il viso di Saccomanni riemergeva allegro dalle macerie, con solo un po’ di polvere sulla grisaglia. Giusto Saccomanni si sarebbe detto di non essere preoccupato dai conti pubblici, per lo meno alla penombra del fatto che alcuni paesi avrebbero “situazioni peggiori della nostra o, perlomeno non altrettanto positive”. Peccato non si facciano i nomi di questi paesi. Ad esempio Grecia e Spagna, i grandi malati del continente, stanno già meglio di noi. E si capisce pure: la mossa del governo per rilanciare i consumi, i famosi ottanta euro in busta paga per le fasce di reddito da 1500 a 2000 euro procurano un effetto trascurabile, mentre il recente taglio del cuneo fiscale secondo Bruxelles avrebbe effetti addirittura “neutri sulla crescita nel breve termine”. Il responsabile Ue per l’economia Siim Kallas occupa la carica solo protempore, ma non è incline a far sconti. Il taglio del cuneo fiscale potrebbe giovare nel lungo periodo, “a patto che il suo finanziamento sia realizzato attraverso una razionalizzazione e un miglioramento della spesa pubblica”, cosa che, detto fra noi, con buona pace del ministro Padoan, nessuno a Bruxelles si sente di assicurare. In compenso. la Commissione ritiene che il debito crescerà in percentuale del pil, più di quanto calcolato dal governo. Ciò significa un aumento teorico dei disequilibri nazionali, alle porte. Sarà pur vero che Bruxelles non tiene conto delle politiche intraprese dall’Italia, il dubbio è che ciò sia dovuto al fatto di non esser punto convinta di tali formidabili politiche. Per carità, tutte le misure richiedono tempo e la direzione indicata dal governo è sicuramente giusta e anche solo una diminuzione del debito a partire dal 2015, cosa plausibile, sarebbe da considerare come un successo. Purtroppo siamo ancora al quinto mese del 2014, si vota fra venti giorni e se il voto sarà, come plausibile, più sulle scelte del nuovo governo che sugli equilibri europei, bisognerà tenere a portata di mano l’ombrello. Non abbiamo mai visto nessun governo premiato perché fra un anno saranno fatte le cose che non si vedono realizzate in quello in corso. Anche perché conoscendo le dinamiche della crisi italiana, nel 2015 già potrebbe esserci un nuovo governo. Roma, 6 maggio 2014 |